3 approcci per essere un coach con etica professionale

3 approcci per essere un coach con etica professionale

Articolo tratto da ICF Global, 10 agosto 2020

I coach con credenziali ICF sono abituati a firmare ogni tre anni l’impegno ad aderire al Codice Etico e a completare la Formazione Continua dei Coach sull’etica del coaching (chi è associato ad ICF si impegna anche a rispettare il Codice etico ogni anno, al momento del rinnovo dell’iscrizione). Tuttavia, questa pratica non ci esime da una riflessione più profonda sul nostro approccio all’etica, su ciò che l’etica significa per noi e su quanto profondamente lasciamo agire l’etica nella nostra vita quotidiana. L’articolo di Tatiana Krawczyńska-Zaucha è un invito a riflettere su cosa sia l’etica per noi coach, se una restrizione, un obbligo oppure un valore.

“La prima cosa di cui ogni coach si rende conto leggendo il Codice etico è che non fornisce risposte a tutte le domande e ai possibili dilemmi etici che possono presentarsi nella pratica quotidiana di un coach. In qualità di leader del Comitato Etica ICF Polonia, ricevo spesso domande su questo argomento: Perché succede questo? Un coach come dovrebbe risolvere un determinato dilemma? In che modo dovrebbe comportarsi un coach?

Per capire la risposta a questa e a molte altre domande relative all’etica del coaching, è estremamente importante fare un passo indietro e guardare all’etica da diverse prospettive.

Il primo approccio all’etica è quello che la considera come una restrizione. Un coach che adotta questa prospettiva tende a vedere l’etica come un insieme di ordini e divieti. Da questa prospettiva, l’etica informa su ciò che è permesso e non permesso, quindi il Codice etico dovrebbe fornire un insieme completo ed esaustivo di tutti i divieti e le indicazioni riguardanti ogni possibile situazione e le linee guida su come rispondere a ogni possibile dilemma. L’etica, da questo punto di vista, è una restrizione poichè limita molte azioni. È naturale, quindi, che una persona voglia evitare tali divieti restrittivi. Per questa persona, l’etica è un peso non necessario nella sua pratica di coaching.

Il secondo approccio all’etica la rappresenta in termini di obbligo. Adottando questo approccio, il coach si trova ad affrontare decisioni etiche difficili e mettere in campo azioni impegnative, sapendo che “questa è la cosa giusta da fare” avendo preso l’impegno di adempiere al proprio obbligo morale. E poiché si è impegnato, deve essere coerente e mettere in pratica quanto promesso. In questo modo, l’etica diventa una parte necessaria e “pesante” nel pratica quotidiana del coaching, perché ogni coach ”deve farlo” o “dovrebbe farlo”. Se si presentano dubbi, di solito vengono risolti “a scapito”, il che sarà accompagnato da un senso di perdita per motivi etici. Da questo punto di vista, la convinzione che le norme del Codice etico siano corrette non facilita la loro applicazione e il coach le vede come un peso.

Il terzo approccio all’etica la considera un vero e proprio valore nell’insieme dei valori personali e professionali di una persona. Per comprendere questo approccio, bisogna guardare più in profondità alla coerenza e mentalità di una persona. La mentalità è un insieme di esperienze, credenze e valori. Più una persona è consapevole di questi, più le sue attività quotidiane sono coerenti. Se in questo insieme un approccio etico alla vita è considerato prezioso, allora l’etica stessa appare come un valore che una persona vuole realizzare ogni giorno. In questo approccio, il Codice etico indica il modo di scegliere e riflettere sul proprio comportamento. Non stabilisce i confini di come agire, perché sapendo cosa è coerente con la propria persona e cosa non lo è, non si ha bisogno di confini imposti dall’esterno come coach. I confini sono autonomi. Se si presentano dilemmi etici, sono facili da risolvere perché, una volta accettata, la soluzione si adatta o meno alla propria mentalità consapevole. O si adatta ai suoi confini interni o no. E quindi è coerente oppure no. In questa prospettiva, l’etica non solo non è una limitazione, ma non è nemmeno un impegno. È una parte naturale di sé, sia come individuo che come coach.

È importante capire che nessuno dei suddetti approcci è intrinsecamente cattivo o buono. Non si tratta di una valutazione, ma della consapevolezza e della sensibilità etica di un coach nella vita quotidiana. Ognuno di questi approcci all’etica ha un valore, purché sia una scelta consapevole. Ognuno di essi è anche espressione del progresso verso una maggiore maturità del proprio coaching, che è poi l’essenza della maestria nel coaching: non solo quella tecnica, ma soprattutto quella etica, derivante dall’integrità e dall’autenticità del coach nella propria pratica quotidiana.

A cura di:
Tatiana Krawczyńska-Zaucha