21 Lug In lode della comunicazione verbale
La presenza, tema conduttore di questo 2021 per ICF Italia, è una competenza fondamentale di ogni coach perché è una delle condizioni imprescindibili per un ascolto profondo e attivo, per un’apertura all’altro nell’ambito della relazione interpersonale. È pre-condizione per saper riconoscere le peculiarità di ciascuno e instaurare un dialogo autentico e costruttivo.
Ma in un dialogo non c’è solo l’ascolto: c’è anche il momento in cui ci si esprime. In questo “dare e avere” di contenuti, entra in gioco un elemento che rende gli umani unici tra tutti gli esseri viventi: il linguaggio verbale. L’uso della parola.
Negli ultimi decenni è diventato quasi un dovere rammentarci continuamente gli uni gli altri che, nell’atto comunicativo, il linguaggio verbale veicola solo una percentuale minuscola del contenuto. Gran parte della comunicazione (ripetiamolo tutti in coro) passa attraverso il non-verbale e il para-verbale.
In termini quantitativi sarà anche così. Mi fido di chi ha misurato questa cosa, che ormai è una verità consolidata ribadita da tutti i formatori in tutte le aule (fisiche e virtuali) del mondo conosciuto.
Siccome la dimensione quantitativa è solo un aspetto della realtà, con buona pace di chi l’ha elevata agli altari dell’assoluto, mi permetto di richiamare l’attenzione sulla dimensione qualitativa del linguaggio verbale. Sulla portata della differenza che possono fare poche parole dette o taciute, al netto di tutti gli altri linguaggi.
Le parole sono importanti, e non è che lo dice solo Nanni Moretti: c’è almeno un secolo abbondante di studi di linguistica a guidare questa riflessione. Nel mio piccolo, il mio passato da giornalista e comunicatore professionale mi ha insegnato (e ribadito) molto sulla potenza delle parole nel creare la realtà nella mente delle persone. E l’esperienza di coaching non è che la ciliegina sulla torta.
Il linguaggio verbale che una persona sceglie funziona da specchio e sintomo del modo in cui questa si relaziona con la realtà, è l’espressione dei valori e della forma mentis di un individuo come tale ma anche della cultura in cui si è formato. Proprio come appare evidente quando si paragonano due lingue, ad esempio nello sforzo di tradurre un testo dall’inglese all’italiano. La struttura delle frasi, il lessico, il tipo di metafore, i modi di dire, insomma ogni aspetto di un testo scritto in inglese che vogliamo rendere in italiano rende manifesta la differenza tra due mentalità molto differenti: orientata all’analiticità razionale, alla dimensione materiale e al pragmatismo l’una, più incline al giudizio soggettivo, all’astrazione e alla speculazione l’altra.
Le performance di Google Traduttore ci appaiono molte volte incongrue e ridicole proprio perché, a quanto pare, il software manca della consapevolezza di questa differenza nelle strutture profonde del linguaggio, sia nella costruzione delle frasi che nelle scelte lessicali. Di buono c’è che sono un ottimo ausilio per diventare consapevoli di tale dinamica, e farsi qualche domanda circa la fede cieca e assoluta nelle soluzioni tecnologiche che caratterizza una parte non piccola del pensiero contemporaneo.
Con gli individui succede la stessa cosa. Di fronte a un problema o a un progetto in partenza, qualcuno dirà che la situazione va osservata attentamente e qualcun altro che è necessario analizzare tutti i dati. La scelta di due verbi differenti ci aiuta a capire che quelle due persone usano chiavi di lettura diverse tra loro. Una volta rilevata la chiave di ciascuno, avremo la possibilità di scegliere a nostra volta il linguaggio (cioè le parole) più adatto per comunicare in modo efficace con quella determinata persona o gruppo di persone.
Ho fatto solo qualche esempio banale, ma spero sufficiente per rendere l’idea di quanto sia importante cogliere i dettagli e le sfumature per instaurare una comunicazione realmente profonda, efficace e costruttiva. E soprattutto di quanto possano essere rivelatrici, e dunque preziose alleate, le parole, dette e pronunciate. Maggiore sarà la presenza a se stessi, più nitida sarà la percezione e quindi la connessione con l’altra persona e con la realtà circostante. E più ricco, efficace e generativo saranno l’incontro e il dialogo. In una sessione di coaching, ma anche nella vita quotidiana.
A cura di:
Mattia Rossi