18 Apr Canalizzare la generatività del “Noi”
Ci dà una mano a far diventare il gruppo direzionale un team efficiente ed efficace?
Ci accompagna nella trasformazione del gruppo di progetto in un vero e proprio team?’
Queste sono probabilmente due tra le richieste che negli ultimi anni mi arrivano con maggiore frequenza nella professione di Coach.
C’è una grande differenza tra essere un gruppo ed essere un team, anche se spesso le due parole vengono utilizzate come sinonimi; occorrono tanti sapidi ingredienti sapientemente miscelati per far diventare team un gruppo. Un team non è un semplice incontro tra persone, bensì un sogno, un progetto, una miscela di differenze che aspirano alla creazione di qualcosa di significativo insieme.
Diventare team è tecnica e arte, è metodo ed alchimia. In questo crogiolo il Coach agisce come un catalizzatore, un enzima, un lievito.
Il Coach è responsabile della attivazione di un “campo” di possibilità (vedi Kurt Lewin), all’interno del quale le potenzialità insite in ciascuna persona possono manifestarsi. Tale “campo” è caratterizzato da fiducia, possibilità, sguardo accogliente ma è, allo stesso tempo, un “campo” nel quale si manifestano forze contrapposte. Per riuscire nella complessa impresa della catalizzazione di un team, occorre che il Coach sia pienamente consapevole di una serie di dinamiche che interessano i sistemi umani che si muovono in base a leggi organiche, assai distanti dal mero meccanicismo.
Edgar Morin nel suo bellissimo saggio “La fraternità, perché?” ci ricorda che: “vi è evidente antagonismo tra le forze di associazione e di unione che si attivano negli ecosistemi e le forze di conflitto e di distruzione. Ma vi è complementarità in questo antagonismo …. ogni società è il luogo di una relazione al tempo stesso complementare e antagonistica (dialogica) tra solidarietà e conflittualità.”
È proprio nell’ambito di questo antagonismo di forze contrapposte e pertanto generative che si articola l’azione del Coach, in un territorio instabile tra sfida e accoglienza, tra provocazione e sostegno, in una incessante dinamica di distruzione e creazione.
Il Coach sa che il sistema osservato (gruppo che aspira a diventare team) è definito dai suoi osservatori ed è quindi consapevole della sua responsabilità nel processo creativo, sa che quando osserva un sistema ne fa anche parte e lo influenzerà. È altrettanto consapevole dell’illusorietà del controllo e del fatto che ciò che si desidera cambiare resisterà e che ciò che si vorrebbe mantenere uguale a se stesso, tenderà inesorabilmente a trasformarsi.
Nel mondo degli ossimori, dei paradossi e degli opposti, trova inserzione il suo agire professionale, in uno spazio di possibilità ed al contempo di incertezza; per queste ragioni il Coach sa che deve ogni giorno investire energia e mettere in gioco tanta disciplina nel proprio lavoro interiore.
A cura di:
Gaia Corazza