06 Giu La grazia nel Coaching
Grazia è una delle parole guida che ICF Italia ha identificato per quest’anno 2022. Partiamo dalla pura definizione di questo sostantivo che é motivo di piacevole attrazione in cui confluiscono bellezza, finezza, leggiadria.
Quando l’ho letta ho immediatamente individuato l’allineamento con ciò che il Coaching rappresenta e con alcune delle competenze fondamentali che un coach ICF deve mettere in campo.
“Motivo di piacevole attrazione” mi fa pensare a quanto negli ultimi anni il coaching si sia diffuso e a quanto sia sempre maggiore la curiosità di saperne di più, di comprendere meglio, di voler provare e testare un processo che supporta individui gruppi e team verso il raggiungimento di un obiettivo.
Il coaching è un’attrazione piacevole che non obbliga, non giudica e non dirige se non verso la strada scelta dal cliente; è un’esplorazione di se stessi che, seppur in alcuni casi può essere complessa e impegnativa, lascerà comunque qualcosa di piacevole, nuovo e stimolante.
Come può tutto questo non essere associato quindi ad un aggettivo come bello? La bellezza generata dall’amore verso se stessi, la propria crescita, la gioia della consapevolezza e la soddisfazione negli occhi di chi ha finalmente in mano il proprio obiettivo.
Il coaching è discreto, non invasivo, accogliente.
A me ad esempio, quando parlo di coaching, piace molto usare il termine “altruista” proprio perché è l’altro, il cliente, ad essere al centro di tutto il processo.
Così come credo sia importante fare in modo che il cliente pensi alla sua ora di sessione di coaching come al suo momento di ricarica, al suo spazio unico e riservato. Sentirsi dire: “Coach sono proprio contento di vederti oggi!” vuol dire essere riusciti a tutelare al meglio quello spazio, cercando di calibrare finemente l’esplorazione profonda con i confini delicati e cari al cliente, mantenendo comunque il focus sull’obiettivo.
Come potrebbe un coach riuscire a fare questo senza essere fine e leggiadro?
Una bella metafora potrebbe essere: il coaching scava con una piuma e accarezza il tesoro che trova.
A mio parere – e questo in generale – avere grazia vuole anche dire avere rispetto per ciò che ci circonda e per chi si relaziona con noi, rispetto del mondo altrui e delle sensibilità con cui ci confrontiamo. Un’idea esposta con grazia sa essere forte e rimanere fermamente nella memoria.
La grazia quindi porta con sé anche una grande energia. Quante volte vi sarà capitato di dire: “non ricordo bene chi sia e cosa faccia ma ricordo bene che è una persona davvero rispettosa e gentile”?
Certamente in alcune fasi del processo di coaching può essere necessario essere più incisivi o adottare metodi più sfidanti, soprattutto se è il cliente stesso a richiederlo. Come coach mi è capitato di dover anche essere provocatoria e di dover ricapitolare affermazioni del cliente in maniera più diretta, con l’unico obiettivo di far riascoltare al cliente le sue parole e far nascere spesso un fastidio funzionale e illuminante.
È davvero divertente sentirsi dire dal cliente, dopo qualche minuto di riflessione: “Adesso ho capito che gioco stai facendo e mi sa che sta funzionando…”.
Quindi è superfluo dire quanto sia importante dosare le varie modalità a seconda del momento e della persona che abbiamo davanti: il coach in questo caso diventa un leggiadro mediatore di modalità.
La grazia nel coaching supporta la consolidazione dell’alleanza, la creazione di fiducia e la totale espressione del cliente, senza timore né vergogna.
Grazia e grazie si assomigliano come parole, non a caso.
Buon coaching!
A cura di:
Francesca Di Gioia