27 Set Il ruolo professionale del Coaching nelle organizzazioni
La situazione è complessa: da Coach ICF sappiamo bene come i nostri interventi di coaching possano essere la chiave di volta per risolvere situazioni di impasse e liberare persone e organizzazioni da un labirinto di pensieri e azioni disfunzionali al raggiungimento dei loro obiettivi.
Questi ultimi, i nostri coachee, tuttavia, sono confusi da un mercato del coaching sempre più variegato che non li aiuta nella fase di selezione del professionista a cui affidarsi.
Come coach ci chiediamo spesso in che modo possiamo supportare, giorno dopo giorno, le persone e le organizzazioni nell’affrontare le sfide quotidiane dei nostri tempi.
Per rispondere, personalmente, mi piace tornare a Tim Gallwey.
PERFORMANCE = POTENZIALE – INTERFERENZE
Trovo che lo scoglio principale da abbattere sia evidenziato da questi tre sostantivi:
- Performance che è molto diverso da risultato
- Potenziale che va oltre la competenza
- Interferenza che non è pura distrazione
All’interno delle organizzazioni il primo paradigma da cambiare è il paradigma del risultato, che va sovvertito e non solo cambiato.
Per raggiungere un risultato, un outcome (e il mondo dello sport anche degli ultimi mesi lo rende, ancora una volta, meravigliosamente chiaro) è fondamentale concentrarsi sulla performance, individuale e della squadra.
Un Coach aiuta le persone all’interno di un’organizzazione a mettere in campo tutto ciò che serve per migliorare la performance puntando, non certamente alla perfezione, bensì all’eccellenza.
Navighiamo in acque sicure in cui sappiamo di poter controllare la situazione: in ogni intervento di corporate coaching è compito del Coach quello di creare consapevolezza su ciò che è possibile governare e non sui risultati che possono dipendere dal contesto, dal mercato, dai cambiamenti improvvisi della modernità.
Il secondo shift è relativo all’ambito delle competenze: il coaching va oltre un intervento formativo volto a colmare delle lacune trasferendo o rafforzando determinate skills e si concentra sulla ricerca profonda delle potenzialità inespresse che ogni essere umano porta con sé.
È spesso il contesto organizzativo a non permettere al singolo l’espressione delle massime potenzialità. Un coach ICF sa trovare equilibrio tra need organizzativo e need individuale.
E qui è guidato dalle core competences che allena in ogni sessione, mantenendo un ascolto profondo e senza giudizio e lavorando sia sul piano d’azione che sulla crescita di consapevolezza del coachee.
Viviamo nell’epoca della complessità liquida: i cambiamenti, improvvisi e indesiderati sorprendono, ogni giorno, tutti coloro che lavorano in un contesto organizzativo più o meno strutturato. Un Coach ICF coltiva fiducia e sicurezza cercando di comprendere il cliente nel suo contesto, attraverso:
- la sua identità
- il suo ambiente
- le sue esperienze
- i suoi valori
- le sue credenze
In ambito organizzativo un Coach ICF sa valorizzare l’individualità senza mai dimenticare la cultura aziendale.
Il terzo e ultimo cambiamento riguarda l’area delle interferenze spesso, per esperienza, contenute nell’asset della gestione del tempo e racchiuse in eccessivo carico di lavoro, disorganizzazione personale e, non ultime, continue interruzioni e futili distrazioni.
La verità, che di frequente da Coach fotografiamo, è racchiusa in uno scatto che evidenzia, in secondo piano, oltre le palesi lacune di gestione del tempo e dello stress, lacune di carattere strutturale e organizzativo.
Il Coach con la C maiuscola sa vedere oltre e supporta le organizzazioni nell’affrontare tutto ciò che, in una fotografia, risulta essere in secondo piano ma, se non affrontato per tempo, può aumentare la complessità e rendere le sfide ancora più complicate.
Come interviene un Coach in un contesto tanto complesso quanto sfidante?
Un buon Coach dovrebbe essere autentico e riportare al committente ciò che osserva senza giudizio e con trasparenza avendo bene a mente uno dei punti salienti del codice etico ICF che recita:
“Incoraggerò il cliente o il committente a effettuare un cambiamento qualora io ritenga che il cliente o il committente possa essere meglio servito da un altro coach o da un’altra risorsa. Suggerirò al mio cliente di cercare i servizi di altri professionisti, quando sembri appropriato o necessario.”
La fotografia iniziale serve al Coach che dovrebbe chiedersi: sono io il professionista adeguato? Se sì, in che modo posso supportare le persone all’interno di questa organizzazione rispettandone cultura e nutrendo la loro vision?
Se la risposta è positiva e concreta sarà un buon percorso di Coaching tanto per il Coach quanto per l’organizzazione.
A cura di:
Lucilla Rizzini