28 Dic Coversazioni di coaching e trend
La Global Coaching Study 2023 di ICF ha messo in evidenza le seguenti tendenze nell’industria del coaching a livello mondiale:
- Cresce il numero di professionisti: 54% in più, a livello globale, tra il 2019 e il 2022
- Cresce il fatturato annuo: il 60% per lo stesso periodo
- Le donne rappresentano il 72% dei coach e il 58% dei clienti
- Le generazioni coinvolte: i Millennials sono solo il 10%. Un elevato numero di coach (48%) appartiene alla Generazione X, ad eccezione di Nord America e Oceania dove i Baby Boomers superano ampiamente le altre generazioni
- Il 31% dei clienti è costituito da managers, il 25% da dirigenti
- Il 57% degli incarichi sono commissionati da aziende e organizzazioni
- Il 37% dei clienti ha tra i 25 e i 44 anni, il 32% tra i 45 e i 54 anni
- Le tematiche più richieste sono Leadership, Comunicazione e Produttività nelle Organizzazioni
Su ciascun dato c’è spazio per fare in Italia un’interessante analisi. Ma in questo momento desidero focalizzarmi su qual è l’esperienza concreta di chi opera nel settore.
L’ho chiesto a tre coach di diversa provenienza, sia geografica (Europa, Stati Uniti e Sudafrica) che di approccio (Coaching Prossemico, teoria Adleriana e Solution Focus). Vi racconto cosa ho appreso.
Com’è cambiata la professione
“Il coaching non è più percepito come una misura correttiva, ma piuttosto come uno strumento prezioso per lo sviluppo” dice Connie Kadansky, MCC con esperienza ventennale negli Stati Uniti. E prosegue sottolineando come la domanda di coaching sia passata da un approccio prevalentemente uno a uno, al team coaching, come dimostra anche l’introduzione da parte di ICF Global di un accreditamento avanzato proprio per il team coaching.
Esperienza simile in Italia quella di Roberto Rigati, coach, consulente e formatore attivo a Milano dagli anni ’80: “i clienti sempre di più mi chiedono un intervento per lavorare sulla cultura e sull’approccio aziendale, a livello di gruppo più che di singolo, e soprattutto non solo sulla competenza specifica di un determinato professionista”.
Il Covid ha poi introdotto un altro cambiamento. Nel momento in cui le sessioni da remoto sono diventate prassi comune, la platea degli utenti si è ampliata, riducendo le limitazioni geografiche. Questo ha generato un grande vantaggio, soprattutto per chi ha le competenze linguistiche per rivolgersi ad un pubblico globalizzato.
Dagli Stati Uniti la constatazione che i coach hanno sempre più strumenti a disposizione, presi da neuroscienze, psicologia, scienza della performance, ed una crescente attenzione alla dimensione dell’essere rispetto a quella del singolo obiettivo/problema portato in sessione, come dimostra il successo del libro di Marcia Reynolds “Coach the person, not the problem”.
E nel panorama italiano in particolare? Roberto Rigati, evidenzia due principali differenze rispetto a quando ha cominciato a proporre il coaching:
- la prima è che le aziende medie e grandi oggi hanno maggiore consapevolezza, sappiano di cosa si tratta, al contrario delle piccole (che però tuttora costituiscono la grande maggioranza del sistema imprenditoriale italiano)
- la seconda differenza rispetto al passato è che oggi HR, Manager e Imprenditori (di aziende medie e grandi) conoscono l’associazione International Coaching Federation (ICF) e riconoscono il valore delle credenziali ottenute dai coach ICF.
Come sono cambiate le tematiche
“Aumenta l’interesse per il tema della qualità della vita in un’ottica che supera il tradizionale work-life balance” dice Svea van der Hoorn, coach, formatrice e psicoterapeuta attiva in Sudafrica. “C’è maggiore attenzione ai valori e principi a cui i clienti vogliono improntare sia la vita personale che lavorativa. Per le aziende ciò può tradursi in dipendenti “a comparti stagni”, quindi con idee molto diverse tra loro su orari, impegno, scadenze (ad esempio tra i dipendenti di lunga data e i nuovi arrivati). Per leader, HR e manager la sfida è riuscire a creare ambienti di lavoro in cui ci sia equità ma, allo stesso tempo, varietà di condizioni lavorative, il che rende centrale la capacità di comunicare in modo costruttivo”. Questo potrebbe spiegare come il tema della comunicazione emerga nel Global Coaching Study, quale uno degli aspetti più in crescita.
“Io che lavoro sui temi della vendita” dice Connie Kadansky “trovo che ci sia crescente curiosità verso il ritorno sull’investimento durante il processo di vendita e una crescente aspettativa di risultati chiari dal coaching”. Il coaching è sempre più percepito come strumento di sviluppo anziché di correzione, questo atteggiamento è possibile collegarlo anche ad una certa differenza di temi di tipo quasi “geografico”. Prendendo spunto da un intervento di Anna Gallotti, Chair of the Thought Leadership Institute, al Coaching Expo2023. Secondo la sua esperienza in Europa e anche in Italia si va rapidamente verso questioni esistenziali, ad esempio: perché faccio questo lavoro, perché sono arrivato a questi livelli in azienda (per i dirigenti), voglio veramente essere un manager oppure un esperto? Negli Stati Uniti invece al coach si chiede di lavorare partendo dagli strumenti: aiutami a presentarmi meglio in riunione, aiutami a presentarmi meglio con i miei pari, desidero raggiungere dei risultati in azienda e il coaching può aiutarmi.
Come sono cambiati i clienti
“I clienti sono diventati più aperti a mostrare vulnerabilità e a investire nel coaching” afferma Connie Kadanski.
“Io noto che tra i manager e gli imprenditori che richiedono il coaching per se stessi ci sono sempre più donne” dice Roberto Rigati.
Al tema tradizionale del bilanciamento carriera – famiglia, ancora presente, si affianca la ricerca di un modello di leadership femminile. “Le mie clienti si chiedono: come posso fare carriera senza conformarmi a modelli maschili ma restando me stessa?” Svea van der Hoorn osserva che aumenta anche la richiesta dei giovanisssimi, a supporto di genitori con impegni crescenti e di stituzioni formative sempre più all’osso.
Come sono cambiati i colleghi
È evidente l’interesse per le credenziali e la formazione. Connie Kadansky in particolare rileva una crescente sensibilità alla nicchia specializzata e alle credenziali aggiuntive mentre Svea van der Hoorn sottolinea come il codice etico non sia più uno strumento di vigilanza sulla professione, ma proprio uno strumento per esercitare la professione nel quotidiano.
Roberto Rigati, nel panorama italiano, parla di “polarizzazione”: da un lato professionisti che aderiscono alle grandi organizzazioni di coaching, che fanno aggiornamento professionale continuo e addirittura ricerca e sperimentazione, con una grande attenzione ai capisaldi etici della professione, e dall’altro professionisti che si definiscono coach in modo disinvolto. Fenomeno sempre esistito ma che si è accentuato negli anni.
Cosa pensi che succederà nel futuro
“L’integrazione della tecnologia nel processo di coaching è inevitabile” dice Connie Kadansky. “Alcuni strumenti potrebbero sostituire determinate attività del coach, ad esempio l’intelligenza artificiale per il monitoraggio dei progressi”. E a livello negoziale prevede una diminuzione dei contratti di coaching a lungo termine: “La vita si muove sempre più velocemente, e l’accordo di coaching oltre le 12 sessioni potrebbe essere superato. I clienti ricontatteranno il loro coach nei momenti in cui ne trarranno un valore aggiunto”. Su posizioni parzialmente diverse Svea van der Hoorn ritiene che l’attenzione dei media per l’intelligenza artificiale non corrisponda al sentire comune e individua invece un altro tema con grandi potenzialità, comunque legato alla tecnologia: quello della crescente influenza dei social media in ogni area della vita (spirituale, fisica, mentale, emotiva, interpersonale): “il coaching potrebbe diventare lo strumento eletto per questo ambito visto che promuove l’autonomia e la responsabilità del singolo individuo sulla propria esistenza”.
Un sentito ringraziamento a coloro con cui ho avuto il piacere di parlare, per la loro disponibilità e collaborazione.
Connie Kadansky, MCC Coach – Stati Uniti. Formatrice e coach dal 2007. Lavora principalmente con manager e professionisti dell’area commerciale
Roberto Rigati, CPP Coach – Milano. Formatore e consulente HR dal 1987, Business executive e corporate coach dal 2007. Fondatore dell’Accademia del Coaching Prossemico
Dr Svea van der Hoorn, MCC Coach – Sudafrica. Psicologa e psicoterapeuta, Formatrice e Coach. Lavora con individui, gruppi e organizzazioni, si occupa principalmente di educazione (sia manageriale che accademica), leadership e management, formazione degli adulti.
A cura di:
Elena Berneschi