Le emozioni nella sessione di coaching: riconoscerle e trasformarle per aumentare la presenza

17/03/2023 • Articoli


Come coach giochiamo un ruolo importante nell’evocare nei nostri clienti la consapevolezza di ciò che pensano e di ciò che sentono a livello emotivo. Sentire un'emozione aiuta il cliente a capire e distinguere ciò che sta accadendo dentro di sé. Si può quindi dire che una delle competenze core di un coach è invitare il cliente a riconoscere che qualcosa sta avvenendo dentro di sé e prenderne consapevolezza.

Il passo successivo è quello di facilitarlo nel nominare l’emozione che sta provando, dando un’etichetta a quella emozione. Questo passaggio può avere il benefico effetto di alleggerire il peso o ridurre la presa che l'emozione ha sul cliente.

Spostandoci dal punto di vista del cliente a quello del coach appare evidente che questa capacità di riconoscere, esprimere e nominare le proprie emozioni riguarda molto da vicino anche il coach.

In un loro studio Cox e Bachkirova hanno riportato che alcuni coach provano disagio di fronte a clienti che manifestano forti emozioni di rabbia o apatia o disperazione. E qui arriviamo ad un punto importante che spiega secondo le neuroscienze la relazione fra gestione delle proprie emozioni da parte del coach e la presenza nel coaching. Si ritiene che un certo grado di contagio emotivo fra coach e cliente sia essenziale per ogni relazione empatica.

Tuttavia, il contagio emotivo spesso non porta all’empatia soprattutto quando le emozioni condivise nel contagio sono molto angoscianti. In questo caso se in possesso di una forte capacità di regolare l'emozione contagiosa attraverso un processo di riconoscimento ed etichettatura dell’emozione, seguito, ove necessario, da ristrutturazione cognitiva, il coach potrà rimanere presente e sviluppare empatia.

In caso contrario, il coach tenderà a impegnarsi in pensieri che lo portano a disumanizzare il coachee o a incolparlo e/o ad avere comportamenti disfunzionali come evitare di trattare un determinato argomento oppure escludere il coachee al fine di schivare la fonte del disagio.

Per eludere questo rischio, il coach deve sviluppare la capacità di regolare la sua risposta emotiva in modo tale da non farsi travolgere da un coachee in preda a forti emozioni, preservare la propria presenza e permettere al coachee di fare la propria esplorazione emotiva.

Questi processi che dal punto di vista cognitivo sono estremamente semplici da comprendere, richiedono, per essere utilizzati in modo rapido, un buon allenamento.

Possiamo diventare molto veloci nell’autoregolarci, allenandoci fuori dalla sessione di coaching, perché diversamente, se non allenati, questo processo richiederebbe troppo tempo con impatti negativi sulla presenza. La buona notizia, secondo le neuroscienze, è che il nostro cervello è neuroplastico per cui abbiamo ottime possibilità di riuscirci.

 

Bibliografia

  • Boyatzis, R. E., & Jack, A. I. , The neuroscience of coaching
  • Cox, E. & Bachkirova, T., Coaching with emotion: how coaches deal with difficult emotional situations
  • Ramanathan, R., SET, to Impact Others With What You Intend
  • Ramanathan, R., How to Deal with Emotions in Coaching

Autrice: Federica Filippino, MCC ICF

Le emozioni nella sessione di coaching: riconoscerle e trasformarle per aumentare la presenza