"L’industria del coaching: il secondo settore in più rapida crescita al mondo"

16/12/2022 • News


L'articolo su Oggi Quotidiano dedicato alla Conferenza Nazionale e al futuro del coaching.

👉 Articolo completo e intervista: https://bit.ly/3uBQ709

 

Giovanna D'Alessio, la presidente che ha inaugurato il chapter italiano, racconta su Oggi Quotidiano la visione del coach e la XIX Conferenza Nazionale che si è tenuta a fine settembre con relativa celebrazione dei 20 anni del chapter italiano.

 

Si è tenuta a Roma, a fine settembre scorso, la XIX conferenza nazionale ICF Italia, che oggi vanta 20 anni di storia.

Quest’edizione ha scelto come focus l’esperienza della gratitudine, esplorando i collegamenti con il processo del coaching secondo ICF.

Ne parliamo con Giovanna D’Alessio – Fondatrice e Presidente 2002-2003 ICF Italia, Presidente 2010 ICF Global, MCC, autrice dei libri “Come dire No ed essere ancora più apprezzati” edito da Sperling & Kupfer e “Il potere di cambiare. Come sviluppare la leadership personale”, co-autrice di “AEquacy. Il nuovo design organizzativo centrato sull’uomo per prosperare in un mondo complesso.” e relatrice dell’intervento dal titolo “Il viaggio continua…” durante i due giorni di convegno.

Giovanna D’Alessio benvenuta su Oggi Quotidiano, partiamo proprio dal concetto di “viaggio che continua”… Il coaching quando affonda le sue origini e che evoluzione ha registrato fino a oggi?

Il coaching, come lo conosciamo oggi, è emerso durante la fine del XX secolo, da un ambiente socioeconomico in rapida evoluzione e nutrito da numerose discipline. Le sue radici risalgono ai preparatori atletici dell’antica Grecia. L’origine della parola “coach” viene dall’Ungheria nel XV secolo, dove è stato creato un veicolo per portare le persone tra le città. Questo veicolo chiamato “kocsi” ha dato origine a “kutsche” in tedesco, “cocchio” in italiano, “coche” in spagnolo e “coach” in inglese per indicare un tipo di carrozza usata per trasportare una persona dal luogo in cui si trova a dove essa vuole arrivare. Più recentemente, invece, il coaching ha preso vita grazie ai motivatori degli anni ’20, alla psicologia umanistica e transpersonale degli anni ’60, passando per il Movimento del potenziale umano degli anni ’70 e dal mondo del business negli anni ’80.

PwC riferisce che l’industria del coaching è il secondo settore in più rapida crescita al mondo. A fine 2022, le dimensioni del mercato del settore del coaching dovrebbero raggiungere un valore di $ 20 miliardi. Gli esperti prevedono che questo mercato crescerà con un tasso di crescita medio annuo del 6,7%. Questa tendenza è dimostrata dal momento che nel 2019 la dimensione del mercato del coaching era stata stimata a $ 15 miliardi.

Potremmo asserire che la forza del coaching è quella di essere una meta disciplina? Se sì, spiegaci meglio.

Il coaching accoglie pratiche e teorie sinergiche e incrociate di molte discipline. Le persone attratte dal coaching ai suoi albori provenivano da un ampio spettro di discipline e da un ricco patrimonio di esperienze di vita. La natura collaborativa del campo del coaching ha supportato la fertilizzazione incrociata di tali idee e pratiche. La fertilizzazione incrociata è continuata sia all’interno che all’esterno del coaching, con il coaching che attinge dalle sue discipline di base e inizia anche a influenzarle. Fondato dal principale ramo della filosofia e da quello minore delle scienze sociali, il coaching è un amalgama di una varietà di discipline e professioni, alcune delle quali correlate e altre completamente distinte, come le discipline aziendali di consulenza, formazione e leadership; le discipline sportive; l’educazione degli adulti e il movimento del potenziale umano.

Durante il tuo intervento, hai lanciato spunti e suggestioni per provare a immaginare come continuerà il viaggio del coaching rispetto ai bisogni emergenti dell’umanità. Quale scenario futuro prevedi?

Il coaching ha avuto un forte sviluppo negli ultimi 30 anni perché ha indirizzato un bisogno insoddisfatto di progresso e auto-realizzazione personale in un contesto di crescente disconnessione delle relazioni umane. Ora, guardando al contesto e agli eventi degli ultimi anni e le previsioni per gli anni a venire, la funzione del coaching non sarà solo quella di riconnessione con se stessi, e l’auto-realizzazione. Ci aspettano sfide destabilizzanti e mai sperimentate prima. Sta avvenendo un crollo del sistema sociale che causa livelli accresciuti di polarizzazione, disuguaglianza, razzismo, violenza e guerra, così come l’inizio di una migrazione di massa legata al clima.

Pandemie globali, eventi che paralizzano la supply chain mondiale, la crisi climatica ed eventi climatici estremi ci stanno dando il benvenuto in un futuro completamente incerto, imponderabile, imprevedibile e incontrollabile. C’è una sensazione di affondamento e impotenza che sorge quando ci si confronta con tutto questo. È una sensazione che ci fa sentire che non c’è nulla che io o noi possiamo fare al riguardo, in questo momento, e forse è già troppo tardi. In altre parole, esiste una depressione collettiva pervasiva che modella la prospettiva di tutti, in particolare quella dei nostri giovani, che porteranno nel futuro i fardelli dei nostri fallimenti sociali. Il coaching può essere lo strumento e la filosofia di comunicazione che può aiutarci a rimanere saldi in mezzo al caos, a mantenere la nostra salute mentale e a sviluppare adattività e maggiore coscienza ecologica attraverso la consapevolezza di essere uno con la natura. 

Il mondo cambia, la società anche, inoltre alcuni periodi storici come quello che stiamo vivendo credo che fungano da “acceleratori” in tal senso. Come si deve adeguare la figura del coach a tutto questo?

In un mercato sempre più saturo di personaggi che si fanno chiamare coach senza avere una preparazione specifica, continuando a creare confusione nel settore, i clienti, specialmente le aziende, diventano sempre più sofisticati perché ormai conoscono, comprendono e misurano il coaching. I coach dovranno dimostrare di essere non solo dei “good coach”, ma dei “great coach”, se vorranno rimanere sul mercato.

Great coach non si diventa solo grazie alla conoscenza e all’applicazione di strumenti vari. Lo si diventa facendo il viaggio di trasformazione verso l’adattabilità per primi, perché non possiamo portare nessuno dove non siamo già stati noi. Great coach significa espandere la nostra coscienza in modo da aiutare il cliente a sviluppare nuovi modelli mentali, nuovi modi di vedere se stesso e il mondo.

Rispetto a quanto fin qui emerso, come si inserisce il tema della gratitudine?

Dal mio punto di vista, nel coaching ci sono diversi livelli di gratitudine. A livello individuale, c’è un senso di gratitudine per tutte quelle figure che negli anni, attraverso i loro scambi, le loro conversazioni, i confronti, hanno posto le basi per fare emergere il coaching come lo conosciamo oggi. Non tutti conoscono i giganti che hanno contribuito alla nostra professione: da Werner Erhard a Ken Blanchard, da Peter Senge a Sir John Withmore, da Fernando Flores a Thomas Leonard, solo per citarne alcuni. Poi c’è un livello di gratitudine che riguarda i clienti di coaching e la relazione che creiamo con loro: i coach creano consapevolezza e azione ma allo stesso tempo apprendono da ogni cliente con cui interagiscono. C’è un livello, infine, di gratitudine che ha a che fare con il nostro atteggiamento nella vita, il nostro modo di porci verso il mondo. Ogni cosa diventa un dono, ogni esperienza non è mai scontata. La gratitudine è una manifestazione d’amore che promuove una vita più felice, piena e responsabile, anche nelle situazioni più difficili. Quando i coach riescono ad essere role model di gratitudine, l’impatto positivo sui clienti e sulla loro vita è magico.

In chiusura, cosa pensi di aver dato e ricevuto dall’esperienza vissuta durante la XIX conferenza nazionale ICF Italia?

Nel mio messaggio di apertura ho tentato di riconnettere i partecipanti con le radici, la storia, le dinamiche, i pionieri della nostra professione, e di ispirarli ad andare oltre le tecniche e le competenze per abbracciare un processo di auto-trasformazione. Come coach, il livello di coscienza dal quale operiamo determina la nostra capacità di supportare i nostri clienti non solo a raggiungere i loro obiettivi o a realizzare il loro potenziale ma ad evolvere il loro livello di sviluppo e ad affrontare la complessità con maggiore efficacia.

Quello che ho ricevuto sempre dalle conferenze ICF Italia, ma da questa in particolar modo che ha celebrato i 20 anni di storia e che è arrivata dopo un periodo di “disconnessione” dovuto al Covid, è il senso di appartenere ad una comunità di professionisti di talento che esplora, apprende, si impegna e che sta contribuendo allo sviluppo dell’umanità una persona alla volta, un team alla volta.

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